La manifattura italiana ed europea ai primi posti per la sostenibilità

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L’Italia è una delle economie più sostenibili del G20 Nel 2023, l’intensità delle emissioni di gas serra (GHG) dell’Italia è stata pari a 0,12 kg di CO2 equivalente per dollaro di PIL (kg CO2e/$). Questo valore è nettamente inferiore alla media del G20 di 0,32 (Grafico A), evidenziando un’intensità di circa un terzo inferiore, ed è in linea con quello dei principali partner europei. Soltanto la Francia e il Regno Unito fanno registrare valori più bassi, entrambi a 0,10 kg CO2e/$, mentre la Germania è poco sopra. Rispetto ai paesi extra-europei, l’efficienza italiana risulta evidente. Gli Stati Uniti, pur essendo una delle economie più avanzate del mondo, mostrano un’intensità di 0,24 kg CO2e/$. Ancora più distanti sono le economie emergenti del G20: la Cina raggiunge 0,51, mentre il Sudafrica registra addirittura 0,61.

Uno dei punti di forza della sostenibilità dell’economia italiana si può riscontrare nel basso uso di risorse per la produzione. Influenzato anche dalla scarsa disponibilità di materie prime sul territorio, e quindi da un’elevata di- pendenza dalle importazioni, il nostro paese ha sviluppato un utilizzo più efficiente del materiale necessario per produrre. L’Italia registra una produttività delle risorse pari a 3,6 euro per kg, superando nettamente la media europea di 2,2 e risultando più efficiente di paesi come Germania (3,0), Spagna (3,1) e Francia (3,2).


Il miglioramento significativo della produttività delle risorse è legato anche alla produttività energetica, dove l’Italia è ai primi posti nel panorama europeo, il migliore se si contano solo i grandi paesi manifatturieri. Nel 2023, la produttività energetica italiana ha raggiunto 11,80 euro per chilogrammo equivalente di petrolio (€/kgoe), superando la media UE di 9,84. Negli ultimi 20 anni la produttività energetica in Italia è aumentata del 36%. Ciò significa che le imprese italiane hanno migliorato notevolmente il loro processo produttivo, per renderlo sempre meno energy intensive.

Questi risultati positivi, insieme ad altri, hanno portato la Commissione europea a definire l’Italia uno degli Eco Innovation Leaders dell’UE. Con un punteggio nel 2024 di 150,1 per l’Eco Innovation Index, l’Italia è il sesto paese più sostenibile nella UE, sopra anche alla Francia (144,1) e alla Germania (140,7).

Politiche ambientali molto stringenti Questi dati trovano conferma anche nel contesto normativo italiano ed europeo, che ha incentivato le imprese a investire in tecnologie sostenibili e a ridurre l’impronta ecologica della produzione. Secondo l’indicatore sintetico dell’OCSE che misura il grado di rigidità delle politiche ambientali, la legislazione italiana è stata la quarta (seconda) più stringente se comparata a quella di altre 40 economie prevalentemente avanzate (dei paesi del G20) nel quinquennio 2015-2020 (dati disponibili più recenti; Grafico B). L’indicatore tiene conto delle azioni in diversi ambiti di policy ambientale, suddivisi in tre categorie principali: 1) politiche che assegnano un prezzo alle emissioni inquinanti, 2) politiche che impongono limiti e standard sulle emissioni, e 3) politiche che promuovono lo sviluppo e l’adozione di tecnologie pulite. Il rigore delle politiche ambientali italiane è elevato in ciascuna categoria, soprattutto per quanto riguarda l’imposizione di limiti e standard sulle emissioni; sebbene storicamente alto in Italia, si è invece ridotto tra il 2017 ed il 2020 il contributo delle politiche che promuovono lo sviluppo e l’adozione di tecnologie pulite, come la spesa pubblica in ricerca e sviluppo in tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio e il supporto finanziario per l’utilizzo dell’energia solare o eolica.


Manifattura italiana efficiente a livello ambientale La sostenibilità dell’economia italiana è ancora più elevata se si tiene conto delle dimensioni del settore manifatturiero, che rimane tra i primi 10 a livello mondiale e al secondo posto in Europa, superato solo dalla Germania. La manifattura italiana rappresenta un esempio virtuoso di performance ambientale: si distingue infatti per la bassa intensità emissiva indipendentemente dal fatto che questa sia valutata in termini di valore aggiunto o produzione.

La parte sinistra del Grafico C compara l’intensità delle emissioni manifatturiere (rispetto al valore aggiunto) tra le grandi economie dell’UE nel 2022. L’intensità delle emissioni italiane (0,278 kg CO2e/EUR) è poco più alta rispetto a quella della Germania (0,269), ma lievemente più bassa rispetto alla Francia (0,283), alla media UE (di 0,3) e significativamente inferiore a quella della Spagna (0,472). Questa bassa intensità emissiva della manifattura ita- liana non è attribuibile alla sua specializzazione settoriale, bensì a un’elevata efficienza ambientale. Infatti, un semplice esercizio controfattuale in cui, utilizzando dati disaggregati (codici Ateco a 2-cifre) su quote di valore aggiunto manifatturiero e intensità emissiva nel 2022, si ipotizza che Francia, Germania e Spagna abbiano la stessa composizione settoriale dell’Italia, conferma l’ottima performance italiana anche a parità di specializzazione (Grafico C, lato destro). In particolare, solo la Francia mostra una performance “puramente” ambientale migliore dell’Italia, principalmente grazie ad un mix energetico più sostenibile (basato sul nucleare), mentre il leggero vantaggio della Germania deriva più dalla specializzazione produttiva che da un’efficienza ambientale intrinseca superiore a quella italiana; infine, oltre i due terzi del gap spagnolo sono riconducibili ad una specializzazione produttiva più svantaggiosa rispetto all’Italia dal punto di vista delle emissioni.


Oltre a essere sostenibile in termini di livelli di emissioni, la manifattura ita- liana ha registrato una significativa riduzione, di circa il 40%, della propria intensità emissiva negli ultimi 15 anni (Grafico D). Questo trend positivo, in linea con quello delle altre economie europee, testimonia gli sforzi delle imprese italiane nel contenere le emissioni di gas serra attraverso l’adozione di tecnologie più efficienti e l’ottimizzazione dei processi produttivi.


Buone conferme dai dati settoriali Un’analisi disaggregata a livello di settori Ateco a 2-cifre conferma ulteriormente questi progressi, che sono avvenuti anche nei comparti più “emissivi”. In particolare, nonostante l’ampia diversificazione dell’industria italiana, nel 2023, circa il 71,5% delle emissioni della manifattura proviene da quattro settori principali, che rappresentano circa il 15% del valore aggiunto manifatturiero: minerali non metalliferi (23,8%), derivati del petrolio (19,0%), prodotti chimici (14,9%) e metallurgia (13,8%).

In questi comparti, le emissioni si sono ridotte sia in rapporto al valore aggiunto prodotto sia in termini assoluti e tale riduzione è stata sostanziale. L’intensità emissiva è stata più bassa nel periodo 2015-2022 rispetto al periodo 2008-2014 del 27% nella chimica (tra le grandi manifatture dell’Eurozona solo la Francia ha fatto meglio), mentre di quasi il 40% nella metallurgia e del 21% nella lavorazione di minerali non-metalliferi, settori nei quali l’Italia ha registrato la diminuzione più consistente (Grafico E).


I risultati non cambiano analizzando la variazione delle emissioni in termini assoluti, per la quale i dati sono disponibili anche per il settore petrolifero e l’UE nel suo insieme. In tutti i settori considerati, l’Italia ha ridotto le emissioni di oltre il 20% e in misura maggiore rispetto alla media europea (Grafico F). Inoltre, a parte per il settore petrolifero, il calo delle emissioni è stato lievemente più accentuato rispetto a quello osservato in Francia, Germania e Spagna. Queste evidenze indicano che il miglioramento osservato per il manifatturiero in aggregato ha coinvolto in modo rilevante anche l’insieme dei settori tradizionalmente più inquinanti.


Infine, l’ottima performance ambientale della manifattura italiana trova indi- rettamente conferma anche nei risultati di recenti indagini qualitative. In particolare, nell’indagine annuale sugli investimenti (EIBIS) della Banca Europea degli Investimenti, le imprese manifatturiere italiane risultavano, nel 2023, più preparate rispetto alle loro omologhe europee ad affrontare le conseguenze della transizione verde. Alla domanda sull’impatto della transizione verso un’economia a zero emissioni nette nei prossimi cinque anni, solo il 21% delle imprese italiane ha indicato l’inasprimento degli standard e delle normative climatiche come un rischio, una percentuale significativamente inferiore a Germania (42%), Francia (41%), Spagna (39%) e all’UE nel suo complesso (36%). Questo dato, combinato con una quota di imprese manifatturiere che ha investito in efficientamento energetico superiore al 50% (in linea con Francia, Germania e Spagna), potrebbe riflettere la consapevolezza degli investimenti già effettuati e delle capacità acquisite dal settore industriale nel gestire le sfide ambientali, confermando il ruolo dell’Italia come uno dei leader europei e mondiali nella manifattura sostenibile.

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