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Nel 2019 solo un’accelerazione dell’export, seppure a ritmi non brillanti, dopo il rallentamento registrato nel 2018, potrebbe scongiurare il rischio di una recessione dell'Italia.
Nei primi quattro mesi dell’anno la performance delle vendite italiane all’estero ha mostrato segnali positivi per effetto della tenuta delle vendite negli Stati Uniti, nonostante le tensioni commerciali; della ripresa della domanda asiatica di beni italiani ed europei, anche grazie all’euro più debole; del rimbalzo dell’export in Svizzera e Regno Unito, in quest’ultimo caso anche per anticipare l’effetto Brexit.
Tuttavia, hanno rallentato le vendite italiane nei principali paesi europei, specie a causa della debolezza dell’hub produttivo tedesco, a cui l’Italia è legata a doppio filo. Pesa, in particolare, l’alta incertezza riguardo all’escalation dei dazi USA, che minaccia il settore dell’auto. Una ripartenza delle catene europee del valore è condizione necessaria per una ripresa sostenuta dell’export italiano.
La ripresa dell’occupazione iniziata nel 2014 si è arrestata a maggio 2018, di pari passo con la frenata dell’economia. Serve che l’economia torni a crescere perché l’occupazione possa salire.
I paesi europei costituiscono nel loro insieme una delle tre grandi aree commerciali economicamente integrate del mondo.
In Italia l’economia cresce poco e il premio per il rischio richiesto dagli investitori è troppo alto. Questo ha fatto aumentare il rapporto debito/PIL.
La Brexit è rinviata almeno sino al 31 ottobre 2019, prolungando l’incertezza soprattutto nel Regno Unito. A rischio di restare deteriorata la fiducia e svalutata la sterlina.