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“Il picco della crisi del 2022 ci ha mostrato chiaramente i nostri punti di debolezza e i recenti rincari ci dimostrano che l'Italia rimane il mercato elettrico più caro d'Europa: nel 2024 il prezzo all'ingrosso dell'energia elettrica in Italia è stato del 38% più alto di quello della Germania, dell'87% più alto di quello della Francia e del 72% più alto di quello della Spagna. Dobbiamo lavorare per costruire un mercato dell'energia dove i prezzi riflettono i costi di generazione delle tecnologie rinnovabili più competitive. Per fare questo, occorre sfruttare lo strumento dei contratti di lungo termine, sganciati dal meccanismo di formazione del prezzo di mercato fino a oggi utilizzato, che per effetto del nostro mix energetico è ancora per oltre il 60% delle ore legato agli impianti a gas. Questo è il meccanismo di disaccoppiamento che noi abbiamo in mente e su cui ci stiamo confrontando con il governo e il Parlamento”. Così Aurelio Regina, Delegato del Presidente di Confindustria per l’Energia in un’intervista al quotidiano La Verità.
“Scorporare gli oneri parafiscali dalla bolletta è un tema discusso da tempo e indicato anche dall'Autorità di settore in diverse occasioni. Alcuni Paesi hanno già intrapreso questa strada, la Germania, ad esempio, ha spostato tutti gli incentivi alle rinnovabili in fiscalità generale. Ovviamente non tutti gli Stati hanno le stesse possibilità di bilancio. Per l'Italia una strada più semplice crediamo sia quella di sfruttare le fonti rinnovabili mature sul piano tecnologico, che non hanno bisogno di incentivi, e di lavorare per rimuovere i vincoli di carattere burocratico e amministrativo per la loro realizzazione, come la disciplina sulle aree idonee, recentemente aggravata dal dl Agricoltura. Anche la burocrazia crea maggiorazioni di costo che poi gravano sulle bollette. Ci aspettiamo, quindi, che il governo adotti misure coerenti per evitare aggravi sui costi di famiglie e imprese e per accelerare lo sviluppo degli impianti green”, ha aggiunto Regina sul tema dello scorporo degli oneri per le rinnovabili dalle bollette.
“Apprezziamo l'impegno del governo nel percorso di riavvio dell'esperienza nucleare del Paese, concretizzato nel recente disegno di legge presentato dal ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica. E importante trasformare il nostro parco impianti, considerando l'opzione nucleare sostenibile di piccola taglia a beneficio anche della sicurezza, ma non si può prescindere da azioni nel breve termine”, ha sottolineato il Delegato per l’Energia tracciando alcune priorità: “In primo luogo, dobbiamo mettere a terra l'energy release, una misura che per tre anni potrà anticipare energia a 65 euro a Mwh (la metà di quella che si pagherebbe oggi sul mercato) alle imprese energivore che si impegneranno a restituirla con investimenti in rinnovabili. Sono poi fondamentali misure che garantiscano la massimizzazione delle esternalità positive dell'idroelettrico nazionale, risolvendo il nodo delle concessioni ancora in discussione e permettere alle imprese di disporre di energia rinnovabile per accompagnare la decarbonizzazione dei processi industriali a prezzi competitivi. A ciò si deve collegare il già citato sviluppo di contratti di lungo periodo per l'energia verde, anche sfruttando una controparte centralizzata come il Gse che possa coniugare domanda e offerta. Da ultimo dobbiamo lavorare per abbassare il prezzo del gas naturale, attuando ad esempio la gas release, a cui va collegato un pieno ed efficace sfruttamento delle nostre rotte di approvvigionamento”.
Infine, Regina ha analizzato lo scenario energetico globale e il rapporto tra Ue e Usa: “Non crediamo che la nuova amministrazione Usa determinerà un aggravio della crisi energetica, per noi il gas americano è fondamentale e il presidente Trump ha affermato di voler promuovere il negoziato per arrivare alla conclusione della guerra Russo-Ucraina; tutto ciò non può che essere positivo per allentare le tensioni sui prezzi energetici europei. D'altro canto, occorre una riflessione sulle nostre politiche per evitare di essere spiazzati. E’ evidente, purtroppo, che tutta l'Europa ha perso competitività negli anni: il Pil pro capite del Vecchio continente tra il 1993 e il 2022 è cresciuto la metà di quello degli Stati Uniti. Serve un cambio di passo radicale in Ue e non fatto da piccoli aggiustamenti e troppe regolamentazioni. La recente politica europea ha generato 170 provvedimenti solo sull'energia, con il risultato di ingessare ogni attività economica. L'Europa importa già oggi ingenti quantità di Lng e il futuro aumento delle estrazioni di gas e degli impianti di liquefazione oltreoceano potranno rafforzare le nostre partnership. Ovviamente la politica europea non potrà evitare di considerare la decisione del presidente statunitense di uscire dall'Accordo di Parigi. Le imprese si aspettano dalla Commissione europea misure finalizzate a promuovere la neutralità tecnologica, ridisegnare la normativa sugli aiuti di stato e ridurre il peso diretto e indiretto dell'Ets, rivedendo gli strumenti atti a ridurre i rischi di delocalizzazione delle emissioni in aree geografiche meno attente all'ambiente. Dobbiamo lavorare tutti insieme per raggiungere questi obiettivi e come Confindustria stiamo collaborando con il governo e il Parlamento con una strategia comune da rappresentare anche alla nuova Commissione europea”.