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Il Check-Up Mezzogiorno 2024, l’analisi sullo stato di salute dell’economia meridionale realizzato annualmente da Confindustria e SRM, mostra un quadro congiunturale piuttosto disomogeneo tra le diverse variabili oggetto dell’analisi e nell’utilizzo degli strumenti di policy.
Il quadro è variegato perché le variabili che compongono l’indice sintetico assumono andamenti diversificati: la numerosità delle imprese e l’export appaiono in calo nell’ultimo anno mentre gli altri indicatori sono in crescita o tendenzialmente stabili rispetto al 2023; tutti, inoltre, superano il valore del 2019 colmando la perdita legata agli eventi degli ultimi anni, incluso l’export.
L’Indice sintetico dell’economia meridionale per il 2024 si attesta a 541,3 punti, in lieve calo rispetto al 2023, con un divario di 48,1 punti rispetto al Centro-Nord. Nel medio periodo il differenziale tra le due macroaree tende a ridursi: negli ultimi tre anni, il Mezzogiorno ha recuperato oltre 6 punti, segnale di una progressiva convergenza tra le due macroaree. Seppur in calo nell’ultimo anno a causa delle difficoltà di comparti strategici come automotive e oil, l’export meridionale supera i livelli del 2019 (+36 punti).
Per quanto riguarda il dato sulla demografia delle imprese al Sud, apparentemente negativo (calo dell’1,2% nello stock complessivo rispetto al 2023), va in realtà letto congiuntamente a quello sulle Società di capitali, che continuano invece a crescere, superando le 425 mila unità. Il processo di ispessimento del tessuto produttivo è comune a tutte le regioni della macroarea.
L’export delle regioni meridionali nel 2024 ha toccato quasi 65 miliardi di euro, con un saldo commerciale negativo. Ha contribuito la crisi del settore automotive: al netto di tale comparto, l’export manifatturiero meridionale si riduce ma ad un tasso più contenuto e con un divario rispetto al resto del Paese non così eclatante.
La manifattura del Sud è fortemente interconnessa con il resto d’Italia, con un impatto economico maggiore rispetto ad altre aree del Paese. L’analisi dei flussi in entrata ed in uscita del commercio interregionale evidenzia una maggiore dipendenza della produzione manifatturiera meridionale da quella italiana. L’area è interconnessa in “lungo” e in “largo” con il resto del Paese: per ogni euro che va all’estero se ne aggiunge poco più di un altro (1,1) destinato al resto del Paese. L’impatto complessivo a livello Paese generato dalla manifattura meridionale risulta maggiore rispetto a quello generato da un investimento in qualsiasi delle altre aree geografiche italiane: la realizzazione di investimenti nel manifatturiero meridionale genera, in media, una domanda aggiuntiva nel Centro-Nord.
Le dinamiche dell’occupazione fanno registrare segnali positivi: il Mezzogiorno concentra il 27% di quella nazionale, con una crescita degli occupati del +2,2% nel 2024. Cresce anche l’occupazione femminile, con un incremento del +3,3%, segnale di una trasformazione strutturale del mercato del lavoro.
Per quanto riguarda la ZES Unica, rappresenta una leva strategica per gli investimenti. Infatti, sul versante delle policy poste in essere per il Mezzogiorno — attraverso strumenti di agevolazione contributiva, di sgravi fiscali e di semplificazione amministrativa —, uno tra i più rilevanti è senza dubbio il credito di imposta per gli investimenti effettuati nella ZES Unica. Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate il credito d’imposta per la ZES Unica ha visto quasi 7.000 domande nel 2024 pervenute dalle imprese localizzate nelle regioni meridionali, per un totale di poco superiore ai 2,5 miliardi di euro di incentivi erogati. Con un importo medio di circa 370 mila euro ad azienda richiedente.
Sui fondi di coesione, con riferimento alla programmazione 2014-2020, risultano realizzati pagamenti per l’88%, col FESR che rappresenta il fondo per il quale la spesa è risultata più avanzata. I dati relativi all’attuazione della programmazione 2021-2027 sono ancora molto bassi, seppur ci si trovi quasi alla revisione di metà periodo. Questo è sicuramente imputabile a varie cause, primo tra tutti il fatto che la programmazione è di per sé partita con due anni di ritardo. Inoltre, la concomitanza con l’introduzione del PNRR ha portato le amministrazioni a spendere per prime, per non perderle, tali risorse.
Politiche per il Mezzogiorno: una strategia a “due gambe”
Il Mezzogiorno continua, dunque, a mostrare segnali di vitalità non indifferenti, testimoniati anche dai numeri di questa ricognizione. Segno di una capacità competitiva e dell’esistenza di un potenziale di sviluppo che va liberato e irrobustito. Per consolidare i risultati ottenuti, servono investimenti infrastrutturali adeguati e misure di sostegno incisive. Nel prossimo futuro la visione delle policy per il Mezzogiorno deve articolarsi su due “gambe”:
Serve una strategia organica e una dotazione finanziaria adeguata. Fondamentale sarà mettere a terra tutte le risorse del PNRR, spendere al meglio i fondi europei e nazionali della coesione, immaginare forme strutturali di incentivo agli investimenti e di recupero dei gap di competitività.
Qui il link al Check-Up Mezzogiorno
https://www.confindustria.it//home/policy/position-paper/dettaglio/check-up-mezzogiorno-2024
In allegato la sintesi del Rapporto.