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Il primo settembre scorso Confindustria ha sottoscritto con Cgil, Cisl e Uil un documento, indirizzato al Governo, in cui si avanzano diverse proposte per la gestione della transizione al nuovo sistema di politiche del lavoro realizzata con il Jobs Act. Il documento è il risultato del confronto avviato con le organizzazioni sindacali poco prima della pausa estiva su vari temi che riguardano le politiche del lavoro.
L’obiettivo principale è agevolare - attraverso un nuovo bilanciamento fra strumenti per le politiche passive e quelli per le politiche attive - la definizione non conflittuale dei processi di riorganizzazione aziendale.
A tal fine si propone di introdurre uno strumento innovativo – chiamato “piano operativo di ricollocazione” – per affrontare situazioni di crisi con risvolti occupazionali nelle imprese interessate dall’intervento della Cigs. Si propongono, inoltre, alcuni correttivi alla disciplina degli ammortizzatori sociali, limitatamente ai processi di riconversione in atto nelle aree di crisi industriale complessa e non complessa.
1. Il piano operativo di ricollocazione
Le caratteristiche del “piano operativo di ricollocazione” possono essere così sintetizzate:
a. un importo predeterminato dalla legge (una mensilità di retribuzione per ogni anno di anzianità nel rapporto di lavoro con un minimo di 2 mensilità ed un massimo di 18 ovvero 20 per i lavoratori con anzianità di servizio superiore ai 20 anni) e dalla cui accettazione discende l’estinzione del rapporto di lavoro con risoluzione consensuale decorrente dalla data prevista dall’accordo individuale, nonché la rinuncia a un eventuale contenzioso che attiene alla risoluzione del rapporto.
Questa parte dell’offerta conciliativa ricalca la previsione dell’articolo 6 del D.Lgs. 23/2015 per il contratto a tutele crescenti. La proposta mira, quindi, a perseguire quell’obiettivo di certezza delle procedure di riduzione del personale, tanto sotto il profilo della definitiva cessazione dei rapporti di lavoro quanto sotto il profilo dei costi, che Confindustria ha sempre richiesto nelle audizioni parlamentari relative al Jobs Act;
2. Riutilizzo ex contributo di mobilità
Il documento contiene, inoltre, alcune proposte per quanto riguarda il contributo di mobilità (che cesserà definitivamente a decorrere dal 2017) e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali nelle aree di crisi industriale.
Con riferimento al contributo dello 0,30% oggi dovuto per la mobilità, si propone di disciplinare espressamente che i fondi interprofessionali possano ricevere e accantonare questo contributo e destinarlo a finanziare eventuali misure:
3. Le aree di crisi industriale
Il documento contiene infine alcune proposte rivolte alle imprese che abbiano avviato un piano industriale di ristrutturazione e di salvaguardia occupazionale e che insistono in aree di crisi industriale complessa e non complessa.
Anche in considerazione della complessità e dei tempi che caratterizzano queste operazioni societarie, si ritiene opportuno prevedere la possibilità di derogare al limite massimo di fruizione di 24 mesi degli ammortizzatori sociali. L’ulteriore durata della cigs varierà in ragione della sua tipologia nonché della coerenza e funzionalità con il piano industriale. Sono altresì previste differenziazioni nelle durate in quelle aree in cui gli indicatori occupazionali siano particolarmente critici.