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La ripartenza dell’economia italiana è in carreggiata e si diffonde gradualmente tra settori e territori. Gli ostacoli credit crunch, minore competitività e perdita di occupazione continueranno a renderla lenta.
I principali indicatori congiunturali, dalla produzione industriale alla fiducia e all’indice PMI, hanno registrato ulteriori progressi. Gli ordini, non più solo esteri, accelerano. Il commercio mondiale si è rimesso a marciare in linea con il profilo previsto dal CSC, avendo come primo motore gli emergenti.
Gli USA, di gran lunga ancora il primo mercato mondiale, consolidano il ritmo di espansione, al di là degli effetti della gelata artica. Il Giappone finora risponde molto bene agli stimoli e l’aumento delle imposte che scatta in aprile fa adesso da incentivo agli acquisti. Anche la ripresa nell’Eurozona, per quanto sommessa, amplia gli sbocchi potenziali per il Made in Italy.
La zavorra al recupero di domanda e attività nel Paese è rappresentata: dal ritardo nell’aggiustamento della competitività di costo; dal razionamento del credito (causa maggiore rischiosità dei prestiti e bassa redditività delle banche); dalla debolezza del mercato del lavoro, con l’occupazione ancora in forte caduta.
La politica monetaria sempre molto espansiva (la BCE ha reiterato con più enfasi di essere pronta ad agire ancora), la diminuzione dei tassi a lunga e il miglioramento dello scenario economico italiano possono lubrificare gli ingranaggi creditizi, ma fondamentali sono la liquidazione di quanto stanziato per pagare i debiti commerciali della PA e la valutazione della solidità dei bilanci bancari che verrà effettuata dalla BCE.
La deflazione più che un rischio è lo strumento per correggere gli squilibri tra paesi dell’Eurozona, pericoloso con debiti pubblici e privati tanto alti perché mantiene troppo caro il costo reale del denaro. In tale contesto l’aumento dell’IVA agisce sulle imprese oltre che sui consumi.
Il cambio dell’euro è sballottato da forze contrapposte: insù lo spinge l’affievolirsi della crisi dell’Eurozona; ingiù il maggior dinamismo dell’economia americana.
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