“Senza riforme i segnali di ripresa rimarranno molto deboli”, i posti di lavoro degli ultimi mesi “sono stabilizzazioni dovute al Jobs Act ma, attenzione, se non ritroviamo una ripresa nell’ordine di almeno il 2% non creiamo vera occupazione”. Così il presidente Giorgio Squinzi sui dati diffusi oggi dal Csc.
La recessione è finita, la risalita è iniziata, ma sarà lenta e difficile. Le previsioni del Csc - contenute nel
Rapporto Scenari Economici presentato oggi a Bologna - sono riviste al rialzo:
+0,8% il Pil nel 2015 e
+1,4% nel 2016, rispetto ai +0,5% e +1,1% elaborati a dicembre.
Nello scenario pesano due fattori di rischio, che il Rapporto non incorpora: il contagio dalla Grecia e un trend globale più lento. I venti a favore ci sono e sono forti, ma sono soprattutto esterni. Ci sono ragioni di fondo e freni straordinari che limitano la performance economica dell'Italia. Anche con le attuali previsioni, infatti, il Paese non tornerà ai livelli di Pil del 2007 prima del 2023.
Per recuperare prima quei livelli e riportarci sui valori che avremmo avuto senza la crisi è vitale portare a termine tutte le riforme e innalzare il tasso di crescita al 2,5% annuo. Non possiamo accontentarci del ritmo di recupero in corso.
Gli Scenari Economici di giugno dedicano un capitolo monografico alla distribuzione del reddito smentendo alcuni luoghi comuni: le retribuzioni hanno retto bene nella crisi, mentre i profitti sono ai minimi storici; nell'industria le buste paga sono aumentate, ma sono slegate dalla produttività; la disuguaglianza non è aumentata ed è più alta che in Francia e Germania a causa dell'arretratezza del Mezzogiorno; il numero dei poveri è raddoppiato non perché una più alta fetta di reddito è andata ai ricchi, ma perché il Paese si è impoverito.
In allegato il Rapporto e le slide del direttore CSC Luca Paolazzi proiettate nel corso della presentazione.