“Quando affermo che il futuro della nostra società è nei valori dell’impresa, più che una considerazione faccio una constatazione, perché è nei valori dell’impresa che risiedono i valori di rischio, di cambiamento, i quali sono valori di competizione e di collaborazione, in grado di rispondere alle esigenze degli altri prima che alle proprie”.
Così Luigi Abete, presidente di Confindustria dal 1992 al 1996, in un discorso ai cadetti dell’Accademia Militare di Modena nel 1993. Negli anni di Tangentopoli, in cui il Paese si trovò ad affrontare una grave crisi politica e istituzionale, Confindustria riuscì a mantenere la rotta, all’insegna di una linea di condotta non corporativa e aperta al confronto con la società civile, rafforzando le sue credenziali di istituzione capace di conciliare la tutela dei propri associati con gli interessi generali del Paese e lo sviluppo di una moderna cultura economica e sociale.
“In fondo l’impresa – disse ancora Abete in quell’occasione – pur nell’accezione di parte o storicizzata che ognuno ritiene di attribuirle, resta il soggetto in cui si manifesta il grande ruolo della produzione, l’istituzione economica più attenta alle esigenze del prossimo, sia questo il consumatore o il cliente, per una ragione molto semplice: vi è costretta. Perché se non vi riesce, l’impresa non è più tale, ma chiude, fallisce o cambia natura”.
Per approfondire:
“Mercato, sviluppo, solidarietà. 1992-1996: quattro anni di presidenza Confindustria” Luigi Abete – Edizioni SIPI