“L’impresa, assolvendo al suo compito di creare ricchezza, svolge un ruolo sociale e, quindi, ha anche una funzione etica. Il rapporto tra etica ed economia non è solo un dialogo possibile, ma è soprattutto un dialogo necessario”.
Così Antonio D’Amato in un dibattito sull’associazionismo industriale a Pavia nel 2001. Gli anni della sua presidenza (2000-2004) furono caratterizzati da due eventi di forte impatto: l’entrata in vigore dell’euro in sostituzione della lira, e l’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001 che per ragioni naturalmente diverse cambiarono i paradigmi del mondo di allora.
In piena globalizzazione, con il Governo impegnato a definire un nuovo modello di mercato del lavoro e l’Europa che poneva obiettivi di stabilità, l’attenzione di Confindustria era in particolare focalizzata sul rilancio della competitività, del Mezzogiorno e la promozione di politiche di semplificazione, innovazione, liberalizzazione.
“Siamo assolutamente convinti – disse ancora D’Amato in quell’occasione – che senza risorse economiche non possono esserci investimenti in maggiore equità e benessere sociale. E senza benessere sociale ed equità non può esserci il consenso necessario a valorizzare l’impresa e metterla in condizioni di svolgere il proprio ruolo. L’utile e il profitto, oltre ad avere una rilevanza economica, trovano la loro giustificazione sociale proprio nella capacità dell’impresa di creare ricchezza, benessere, occupazione, formazione”.